Abbazia S. Anastasia

Chiesa dell'Abbazia di S. Anastasia

Sull’antica via latina che collegava Capua a Benevento sorgeva l’abbazia di S. Anastasia, Pons Sanctae Anastasiae, così citata in un testo dell’XI sec., opera di un benedettino cassinese. Si fa pertanto risalire all’XI sec. la costruzione, anche se scavi successivi databili nel secondo 900, ad opera della Sovrintendenza, hanno fatto venire alla luce ruderi di più antica datazione.

L’abbazia era divenuto punto di riferimento per gli abitanti del luogo e per i viandanti; schiere di pellegrini diretti al Gargano vi sostavano lasciando tracce del loro passaggio attraverso simboli religiosi scolpiti sui muri. Essa si trovava in dirittura di sguardo della torre di avvistamento del Castello di Ponte che su essa campeggiava, proprio a protezione del traffico o per esigere il pedaggio da quei viandanti che sul ponte trafficavano. Con l’avvento di popolazioni barbare del Nord-Europa, in particolare i Longobardi, anche l’abbazia cambiò aspetto. I popoli guerrieri che cominciarono la discesa in Italia si posizionarono nei loro stanziamenti alla confluenza di strade di grosso traffico.

S. Anastasia era proprio un punto di snodo. L’abbazia fu trasformata, non poco, nelle preesistenti vestigia architettoniche. Ne è prova lo stile “Romanico”, proprio dei Longobardi, risalente ai primi anni della loro dominazione. Nell’architettura in pietra poi, data la scarsissima esperienza in materia, notevole fu l’influsso dei maestri romani e bizantini. Solo successivamente con le proprie maestranze, i famosi “Comacini” (maestri che lavoravano con l’ausilio di mezzi “cum machina”) imposero uno stile espresso dalla muratura in listelli di cotto rudemente abbozzati e allineati, che si alternano alla pietra. In S. Anastasia, però, solo nel XIII sec. fu aggiunta una torre anch’essa di stile romanico. Essa può tutt’oggi essere notata a cavallo della muratura di facciata e copre, oltre a tre finestre o monofore, parte di un affresco non completamente visibile. Infatti si può notare una figura d’uomo barbuto, quasi genuflesso con la mano sporgente all’indietro: il soggetto potrebbe essere un elemento della scena del giudizio universale. I recenti scavi a cura della Sovrintendenza, nel 1964 e nel 1980, hanno sensibilmente contribuito alla salvaguardia dell’antico manufatto.

Quelli del 1964 condussero ad un completo ripristino dell’edificio, in quelli del 1980 si scoprì una tomba contenente le spoglie di un guerriero longobardo con corredo di armi, oggi conservato nel museo di Salerno. L’11 marzo del 1934 la chiesa, distrutta in un incendio, fu abbandonata e, siccome fino ad allora era stato il luogo dove avevano ricevuto cristiana sepoltura i Pontesi, rimase la cripta a custodire l’ossario ”…..solo ha cangiato destinazione cioè da albergo dei vivi in soggiorno dei morti, formando l’aria del camposanto di Ponte…..”(A.M. Iannacchino, Storia di Teleria). Un’altra testimonianza scritta che riguarda quel luogo di sepoltura è fornita dagli “Atti della santa visita per Mons. Savino” avvenuta il 3 settembre 1596, in cui l’omonimo prelato parla di: ”in lapide marmoree ad instar sepolcri……”; oltre al fatto che si officiava una messa in onore di S. Anastasia il 15 del mese di gennaio. L’incendio distrusse il campanile e gli arredi sacri. La pianta ad unica aula allungata con orientamento ad est-ovest con ampia abside misura 20.50 mt. in lunghezza e, causa l’irregolare andamento dei muri laterali, in larghezza 9 mt. nella parete dell’abside e 8.80 mt. in quella d’ingresso. L’aula riceveva luce da sei finestre strombate alte. L’aggiunta del campanile condusse allo sbarramento di tre finestre. Al campanile di 4 livelli si accedeva tramite scala a pioli.

All’interno, solo la parete d’ingresso e quella di fondo erano affrescate. Sul portale d’ingresso all’esterno è riscontrabile una scritta rozzamente scolpita, che dovrebbe riportare oltre alla data “1641”, il titolo ed il nome, archipresbiter maionella, di quel Bartolomeo Maionella che tra il1610-48 fu arciprete a Ponte. Attualmente restaurata, all’interno è pavimentata in cotto. Castello di Ponte e Chiesa S. Anastasia Martire. Scarsissime sono le notizie riguardanti il castello che sovrastava Ponte; risalente all’XI sec., viene nominato per la prima volta nel 1080 quando signore ne è Baldovino il Normanno. Nel 1134 dovette subire, da parte di re Ruggero il Normanno, il suo primo assedio con successiva capitolazione. Ai nostri giorni si possono ancora ammirare le torri d’angolo perfettamente visibili anche se alterata da continui rifacimenti che nel corso dei secoli hanno modificato l’originale struttura. Il castello doveva avere sicuramente un luogo dedicato al culto, una cappella dalla quale poi nei secoli sembra sia stata ricavata l’attuale chiesa di S. Anastasia Martire. Notizie storiche sulla struttura si rilevano dal testo di Renato Piscitelli, ”Chiesa Telesina : luoghi di culto, di educazione e di assistenza del sec. XVI e XVII”. La chiesa fu costruita dall’università e dall’omonima confraternita nel 1596, con il solo altare maggiore ornato da un quadro.

Agli inizi del secolo XVII si arricchì degli altari dei SS. Rocco e Sebastiano, ambedue di patronato dell’università. Nel 1611 Giovan Angelo Ventucci vi innalzò una cappella a S. Maria Maddalena, divenuta in seguito di patronato dei Pannella. La chiesa nella metà del XIX secolo subì un intervento di ristrutturazione quando la situazione della sua pianta era la seguente: vi erano due ingressi, uno situato sul lato, ora chiuso dal battistero e l’altro situato sul lato del campanile. L’attuale sagrestia è stata ricavata da una delle torri di guardia che delimitavano il castello. Da notare che in corrispondenza delle cappelle vi è la presenza di due botole presumibilmente usate per la sepoltura dei defunti. La chiesa danneggiata dall’ultimo conflitto mondiale, è stata oggetto di intervento di ripristino e ampliamento negli anni 50. Il terremoto del 1962 provocò sensibili danni alle strutture della chiesa che, nonostante tutto, non beneficiò di alcuna provvidenza per la riparazione. La situazione attuale, dopo il restauro conclusosi a seguito dei danni provocati dal terremoto del 1980, vede rientrare la chiesa in posizione centrale dove è posto l’altare principale sopravanzato rispetto ad una parete fregiata di stucchi e che, prima di accogliere il bel crocifisso ligneo a dimensione umana su fondo ricoperto in oro zecchino, accoglieva in una opportuna nicchia la statua della Madonna del SS .Rosario la cui denominazione è riportata sul frontone d’ingresso. Cappella dedicata alla S.S. Vergine di Pompei – Abbeveratoio antistante la cappella. Agli inizi del novecento il paesaggio arido ed incolto di Ponte nella zona collinare si cominciò ad animare ad opera di alcune comunità di “Protestanti”. Sull’origine di quest’ultimi le fonti sono incerte: si parla di un piccolo nucleo preesistente alla prima guerra mondiale, erede di una tradizione ancora più antica e risalente agli inizi di un m 1800. Intorno agli anni trenta, in località “Monte”, lungo un’importante direttrice di collegamento viario tra la campagna e il paese, i “cattolici” pensarono bene di arrestare l’avanzata protestante con la costruzione di una chiesetta che ospitava frequenti riunioni sacerdotali, sagre paesane ed era crocevia del tratturo che collegava la località “Monte” alla strada provinciale, la quale conduceva a valle immettendo sulla via latina in direzione di Benevento.

Si immagini quindi come fosse costante il flusso di armenti verso il pascolo. La chiesetta, così eretta, fu dedicata al culto della Madonna perché l’immagine di Maria Vergine potesse mitigare l’ascesa dei “nemici” della fede cattolica. Non a caso sul luogo dove adesso sorge il sagrato della chiesa, di proprietà della parrocchia di S. Anastasia, che si trova circa ad un chilometro, vi era un abbeveratoio per animali. Lì quindi i pastori passando abbeveravano gli animali ed erano invogliati, a farsi il segno della Croce, a ringraziare chi aveva concesso tale gradito ristoro. Successivamente furono costruite altre tre vasche, tutt’ora esistenti. La bella chiesetta rupestre di poche centinaia di metri quadrati, sorta dunque a baluardo della cattolicità, concepita in pietra ha mantenuto sempre la stessa struttura. Era naturale che il luogo pietroso offrisse il materiale per la realizzazione delle mura, la quale fu lavorata direttamente dai mastri scarpellini di Cautano (BN), aiutati dalla gente del posto che contribuì alla realizzazione terminata nel 1928. La chiesetta all’interno fu abbellita di stucchi. Fu giustapposto un piccolo vano in mattoni, a mò di arco, per una piccola campana. Attualmente poco rimane di questi stucchi, ma quello che è visibile a chi entra, nell’ormai rudere, è che l’aula unica era caratterizzata dal fatto di avere tutte le pareti scandite da un, doppio ordine di lesene, con capitelli e basi classicheggianti per richiamare l’interno della più importante chiesa parrocchiale di S. Anastasia Martire.

L’altare maggiore era inserito in un piccolo abside visibile anche all’esterno e conteneva un baldacchino con quattro colonne che reggevano una piccola cupola per accogliere il quadro o addirittura una statua della Madonna. Fine a qualche decennio fa, prima del terremoto del 1980, che ne distrusse la copertura, i cattolici pontesi, di ritorno dal pellegrinaggio che compivano annualmente la prima settimana di maggio e la prima settimana di ottobre, si riunivano con canti e preghiere all’aperto ed incoraggiati dal sacerdote portavano la benedizione della Madonna di Pompei nelle immediate adiacenze dei luoghi di “eresia” protestante. Il quadro era posto giusto al centro dell’altare ed intorno ad esso, durante il Sacro Ufficio dedicato alla Madonna, il sacerdote vi girava intorno con l’incensiere per la benedizione. Attualmente, anche se in parte restaurata, con la rifrazione della copertura, la chiesa evidenzia ancora lesioni. Sono di questi giorni tuttavia opere di rifacimento del recinto, nell’ambito degli interventi ripristino dell’antico Tratturo del Monte – Monterone Areventa. Tutta l’area della “Madonnella”, così definita proprio per l’esistenza della chiesa dedicata alla Madonna, rappresenta per gli abitanti di Ponte un simbolo che tanta parte ha avuto nella storia locale, da meritarsi un posto anche nella toponomastica comunale.

Pianta dell'Abbazia Sant'Anastasia redatta dall'Arch. Graziano Gentile

Chiesa dell'Abbazia di Sant'Anastasia, innevata

Partenza del Giro d'Italia da Ponte (Bn)

12 maggio 2016

Copertina di RAI Sport